Il 4 aprile 1769, essendo consoli Giovanni Domenico Ghione e Carlo Balbo,
venne approvato il seguente documento:
«Ordinato per devenire alla Costruzione d'una nova Chiesa parochiale da
presentarsi a Mons. Ill.mo e Rev.mo Giuseppe Luigi Avogadro, vescovo di
Casale per la permissione... Convocato e congregato il Consiglio di questo
Luogo previa licenza verbale avuta dal Sig. Notaio Giacinto Bezzo, Podestà
di questo Luogo, cittazione delli uomini del Consiglio per mezzo del
serviente Giuseppe Viola e suono della Campana maggiore secondo il
costume... Al qual Consiglio viene esposto dal Sindaco Bartolomeo Fasano
ritrovarsi la chiesa parochiale di questo Luogo totalmente indecente al
Culto Divino per essere antica e minacciante rovina da ogni parte,
restando inutile ogni restaurazione che far si volesse intorno alla
medesima e così frustranea anche ogni spesa, tanto più che Mons. Ill.mo e
Rev.mo Giuseppe Luigi Avogadro, zelantissimo vescovo e pastore della Città
di Casale in occasione che si portò in questo Luogo a fare la sua Pastoral
visita, che segguì sotto li 24 agosto 1765, si compiacque di Decretare che
si devenga alla Rinovazione di detta parochiale, come a tal effetto si è
di già fatto formare il Disegno, o sia tipo per la rinovazione sudetta ne
restandovi altro che di devenire alla deliberazione per avere raccorso al
Mons. Ill.mo e Rev.mo ad effetto permetta l'atterramento della presente
chiesa parochiale e permissione di costruerne altra nova, tanto espone al
fine si proveda... deputando per tal racorso Bartolomeo Fasano unitamente
al sottoscritto Segretaro...».
Circa due mesi dopo, il 30 maggio, l'Amministrazione, ottenuto dal Vescovo
il permesso per l'atterramento della vecchia chiesa, delibera, secondo la
prassi, di richiedere l'autorizzazione da parte dell'Intendente Generale
del Governo sia per la demolizione sia per l'indispensabile imposizione di
imposte destinate a fornire alla cassa comunale la somma di lire 500 per
un numero indeterminato di anni «potendosi sperare che gionti li sussidij
delle persone caritatevoli hanno somministrato e sono per somministrare
piante per fare fornaci edil concorso delle condotte ed opere da
somministrarsi da tutti li particolari del luogo e territorio massime nei
giorni festivi colla licenza di detto Monsignor Vescovo...».
L'interno di Sant'Ambrogio
negli anni '60-70, prima dell'ultimo restauro
DE GIOANNI o MAGNOCAVALLO?
Intorno al 1877, Giuseppe Niccolini, nel suo libro-diario «A zonzo per il
Monferrato», opera preziosa e sovente divertente, scriveva: «Mia prima
cura fu di recarmi sul sagrato dell'alta chiesa parrocchiale
(Sant'Ambrogio) che il conte Magnocavallo disegnava...». Affermazione
recisa in quanto, nel secolo scorso e nella prima metà del presente, tale
attribuzione veniva data per sicura dall' Annuario della Diocesi e dalla
“VOX populi”.
Ma Vittorio Tornielli «Architettura di otto secoli del Monferrato»,
Casale, 1963) già non elenca più la nostra tra le chiese ritenute opera
del conte Francesco Ottavio Magnocavallo (1707-1788) ed a una simile
conclusione giunsero, nel 1977, Antonietta Rosso e Ivo Maestri, nella loro
tesi di laurea «L'opera dell'architetto Magnocavallo in Piemonte», anche
se ammettono l'esistenza di alcune analogie stilistiche con le
realizzazioni di attribuzione certa.
Ma gli atti conservati nell'Archivio comunale non lasciano adito ad alcun
dubbio: i disegni della chiesa furono elaborati dall'ingegnere Evasio
Andrea De Gioanni (delibera del 24 luglio 1771 e libro rendiconto delle
spese sostenute per la costruzione della chiesa), serio professionista in qualche modo vicino al Magnocavallo e, forse,
addirittura un fedele esecutore delle direttive del Maestro. |